“Coloro che amano dovrebbero stare spesso silenziosi”¹. La relazione tra amore e silenzio fatta dallo scrittore britannico Charles Morgan (1894 – 1958) sembra scontrarsi con la definizione di silenzio come “assenza di suono” tratta dalla famosa enciclopedia digitale Wikipedia².

Silenzio, secondo Morgan, è piuttosto un atteggiamento attivo (si fa silenzio per amare) e non passivo, più presenza che assenza. Wikipedia, al contrario, presenta il silenzio come “assenza”, ma poi aggiunge alla sua definizione l’importanza del silenzio come “componente essenziale della musica”. Questa relazione tra amore e silenzio di Morgan, sembra poi toccare ontologicamente il significato della relazione tra il silenzio e la musica.

Musica, silenzio e ascolto

Il rapporto tra musica e il silenzio sembra stabilirsi di modo necessario nel momento in cui si aggiunge il ruolo dell’ascolto.

Tenendo conto che la musica è espressione gratuita (dono di sè) del musicista, che “distilla nel cuore la Verità”³, sembra necessario un vero ascolto, profondo annientamento dall’ascoltatore, per cogliere ciò che è messaggio musicale, e cioè, c’è bisogno del silenzio “come realtà vivente”4.

D’altra parte si può definire “vera musica” quell’espressione in cui il musicista riesce a trasmette profondamente l’ispirazione, “negli infiniti limiti della sua piccolezza di uomo a confronto di Dio” 5. Quando è frutto dell’ascolto che coglie il silenzio interiore da parte di chi la suona, affinché sia “più espressione dell’Uomo che di un uomo”5.

Questa relazione tra musica, ascolto e silenzio si trasfigura spontaneamente attraverso “l’unica caratteristica che il silenzio condivide con il suono, in un contesto musicale: la durata” ². È in questo momento che ognuno (musica, ascolto e silenzio) esegue, allo stesso tempo, la sua funzione specifica, che poi caratterizza ed è caratterizzata dalle altre attraverso la relazione reciproca. Questo vuol dire che musica, silenzio e ascolto devono darsi reciprocamente ed essere concomitanti.

Silenzio secondo i musicisti

Secondo la giovane svizzera, suonatrice di viola e violino, Andrea Burger, “il silenzio è una parte molto grande e importante della musica, perché senza esso non c’è musica”. Per Andrea “la musica ha bisogno dell’ascolto e per questo è necessario avere il silenzio”.

Il chitarrista brasiliano Renan Nerone non è d’accordo con la definizione di silenzio come assenza del suono. Secondo lui “il silenzio fa parte della nostra vita, proprio perché è vita; quello che potrebbe sembrare l’assenza del suono – anche se noi uomini non siamo ancora sicuri se il silenzio assoluto esiste veramente – ha un valore e un significato immenso per la nostra esistenza”. Riaffermando l’idea della musicista svizzera Andrea, Renan aggiunge che “non esiste musica senza il silenzio, perché è attraverso esso che la musica acquista il suo colore affascinante”.

Le opinioni di Andrea e Renan sembrano trovare sintesi in quello che la suonatrice di Oboe e compatriota di Andrea, Marita Kohler, pensa del silenzio: “Non è soltanto un fenomeno fisico, come l’assenza di rumori, ma soprattutto una realtà interiore, che esige raccoglimento, tranquillità”.

La profonda intimità e l’assoluta necessità del silenzio, nel rapporto con la musica, ci sembrano chiare e vengono sostenute anche dal punto di vista dei musicisti. E inoltre, come presenta Giovanni Pianna nel suo libro “Filosofia della Musica”, il silenzio è come “realtà vivente”, non semplice assenza.

Siccome non si tratta di analizzare l’assenza di suono, ma guardare al vero senso nella musica, è stato adottato il termine “non musica”, evidenziando soprattutto che esso non può essere silenzio (perché, come si è visto, è realtà attiva e necessaria). La “non musica”, invece, assume per definizione il carattere di “assenza”, spesso ingiustamente attribuito al silenzio.

Definizione di “non musica”

La definizione di “Non musica” o “A-musica” non si trova facilmente nelle diverse tesi o studi musicali (gli stessi musicisti intervistati trovano difficoltà a definire cosa sarebbe per loro la “non-musica”). La musica, invece, è un argomento molto studiato ed è spesso visto come forma di espressione personale,  “scienza delle emozioni”, come la definisce il compositore statunitense George Gershwin.

Ma quando la musica non ha più in sé un senso di donazione genuina e gratuita, come definito sopra, ma è strumentalizzata per fini esclusivamente economici (vendita di dischi, per esempio), può essere ancora chiamata musica?

Fondamento della “non musica”

Nel secolo scorso, diversi studi sulla potenzialità e l’effetto della musica nell’uomo, hanno scoperto, tra le altre cose, che essa influisce nel ritmo cardiaco, nella respirazione ecc… Altri studi, come quello fatto nell’Università di Toronto dalla psicologa Sandra Trehub6, sull’influenza del cambiamento della frequenza musicale applicato in bambini dai sei ai nove mesi, hanno identificato il ritmo musicale come aspetto basilare e primario per determinare l’effetto emozionale della musica.

Oltre l’influenza del ritmo, la ricercatrice ha anche scoperto l’esistenza di preferenze musicali a determinati tipi di suoni, e il rifiuto di altri. Studi come questi, in cui si possono coniugare anche scoperte psico-biologiche per fare della musica strumento di “manipolazione” [nel senso di una produzione musicale orientata ai gusti degli ascoltatori], non interessa soltanto ai musicisti, ma, specialmente, ai grandi produttori musicali: lo afferma un altro ricercatore di questo campo di studio, l’americano Mark Jude Tramo.

La biomusicologia e l’industria fonografica

La scienza che si è specializzata nel decifrare le reazioni umane agli stimoli musicali, è conosciuta come biomusicologia.

Nata nel 1982 con le opere di Nils L. Wallin7, essa aveva come scopo quello di riallacciare i rapporti fra musicologia e biologia. E’ un periodo storico assai propizio: si assiste, infatti, all’esplosione dell’interesse per il “fenomeno musica” tra i neuroscienziati, psicologi e altri ricercatori di diverse aree della conoscenza umana. Questo rinnovato interesse scientifico pone le basi per una nuova ri-definizione di musica: in chiave anche biologica piuttosto che solo culturale.8

In seguito, tale scienza viene utilizzata come base metodologica in diversi studi relazionati alla psichiatria e alla medicina in generale; è difficile non pensare che l’industria fonografica, con l’aiuto della manipolazione tecnologica dei suoni, non faccia uso di questi studi per la propria produzione che, alla fine, capovolge il carattere di “dono genuino e gratuito di sé” della stessa musica, trasformandola in “struttura prodotta attraverso processi sociali e non soltanto musicali”9. In questo modo si adatta la propria produzione ai gusti generali indicati da questi studi, cercando benefici fondamentalmente economici.

L’etnomusicologo John Blacking afferma che l’“uso di tecniche e statistiche, con comparazioni di scale di suoni calibrate e l’analisi della frequenza possono sembrare soltanto scientifici e oggettivi, ma escludendo il contesto culturale e musicale dei suoni ci si può impedire la scoperta del vero significato della musica” 10.

Il silenzio che non è “non musica”

I musicisti intervistati si mostrarono sorpresi sulla possibilità di una “non musica”. Andrea Burger non aveva mai sentito menzionare il termine e Renan Nerone la classifica come “imperfezione”, che contraddice  la sua personale concezione di musica presentata come “quello che nasce proprio del sentimento umano il quale comunica con la ragione/processi musicale una realtà divina, perché i nostri sentimenti, noi stessi, siamo stati creati da Dio”. Ma è la definizione di Marita Kohler quella che sembra riassumere meglio la “non musica”: “Tutte le espressioni musicali che non hanno l’abilità di parlare all’interiorità dell’ascoltatore o dell’interprete sono “non musica” per me”.

La definizione presentata dalla suonatrice di oboe sembra anche delineare chiaramente  la differenza tra silenzio e “non musica”. Mentre il primo spesso è considerato “assenza di suono”, ma che, come detto in precedenza, è parte necessaria della musica, non è assenza, ma presenza e ascolto profondi, la “non musica” è sì assenza, assenza di Verità, di anima, assenza del senso profondo che definisce la musica, diventa strumento di manipolazione, controllo e non sentimento/realtà divina, non più strumento di comunione fra ascoltatore e musicista.

Conclusione

L’etnomusicologo John Blacking che confronta il senso della musica, incorporato dagli interessi capitalisti, afferma: “i dogmi capitalisti ci dicono che poche persone sono musicali, ma l’esperienza capitalista ci dice che l’industria della musica genera molto soldi per mezzo della musicalità di tutti”.

Resta allora, come è stato accennato dall’allora Papa Giovanni Paolo II che, in un incontro con i partecipanti dell’incontro internazionale “Univ 2005”, organizzato dall’ICU (Istituto per la Cooperazione Universitaria), ha invitato i ragazzi a “rinnovare i linguaggi dell’arte e della cultura“, ricordando ancora una volta che “la musica, come tutti i linguaggi artistici, avvicina l’uomo a Dio“.

(1) Citazione

(2) http://it.wikipedia.org/wiki/Silenzio#Musica

(3) Confessioni IX 6 (14), Agostino

(4) PIANA Giovanni – Filosofia della Musica – Editore Angelo Guerini – 1991

(5) L’arte, “nuova creazione” – Chiara Lubich

(6) TREHUB Sandra – “Infancy: A musical history tour”  – Infant and Child Studies Centre – University of Toronto – 2009

(7) WALLIN  N.L. –  The Origins of Music – MIT Press – Cambridge, Mass.2000

(8) Alessandro Bertirotti  – La biomusicologia   – http://www.itoscana.org/interventi/05_interventi.html

(9) PEDEROVA Patrícia e TUNES Elizabeth  – A geração e criação de pesquisa sobre musicalidade: confusões conceituais – Universidade di Brasilia

(10)  BLACKING, John  (2000) How musical is man? Seattle and London: University of Washington Press