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spring

Primavera

Dicono che quando una luce si spegne in terra 

nasce nel cielo una stella.

Forse è perche Dio non vuole 

che ci sia buio completo

nelle nostre notte più profonde.

Ma oggi avrei preferito il cielo più buio

 e il cuore in pace.

Invece di luce nel cielo 

o in qualsiasi altra parte.

Mancano le risposte. 

Rimane la rabbia, 

Bagnata di lacrime 

e il vuoto.

La fede mi sfugge! 

Tutto perde lo scopo. 

Ciò che poi consola.

In questa interiore bufera

è che pure dopo il più freddo inverno.

I nuovi fiori, la pace, fioriscono in Primavera. 

Poesia scritta per una coppia di amici che ha perso il loro baby durante la gestazione.

Pregare

Pregare

Pregare.
Osare me stesso silenziare.
E nello scontro col chiasso esterno,
Riscopro l’abbandono fraterno.

Pregare.
Apprezzare il senso assente.
E abbracciando le difficoltà intramontabili.
Aggrapparmi al presente.

Io prego.
non assetato d’una sciocca salvezza,
ma per un ulteriore certezza
di trovare dentro
il frammento divino nascosto.

Oggi prego
per avvicinarmi,
al bello,
al bene,
che il Creato ritiene.

Silenziarmi, allora, non è
strumentalizzazione,
ma viaggio verso la Passione.
Che nasce da ciò che non muore mai
e semmai
trabocca.

Mai Poeta

Trovarti, oh Maestro, è un arte.

99% sforzo, 1% vocazione 

ed un continuo svuotarmi.


Poi se amo, mi accorgo.

Sei piuttosto soffio, mai certezza.

Stravolgente tenerezza.


Gli anni passano.

Sono ormai diciassette.

Scrivo. Sbaglio. Dimentico i versi. 

Le parole restano disconnesse.


Ma cosa importa?

I versi, la rima o la gioia?


L’altro rimane la meta.

Continuo a parlare d’amore,

anche se, insomma, lo so, 

non sarò mai Poeta.

pregiudizi

Superare i pregiudizi: una sfida per chi accoglie e per chi è accolto

pregiudizi

Nel mio ultimo post ho scritto cosa significa per me oltrepassare la dogana europea ed entrare per vivere nel Vecchio Continente. Le sfide relative all’accoglienza, da una parte, e all’inculturazione, dell’altra, sono tante, ma restare aperti sembra l’atteggiamento più adeguato quando si vive questo tipo d’esperienza.

Oggi, continuando a porre attenzione all’attualità e cercando di portare avanti gli approfondimenti sulla vita come immigrato vorrei parlare dei pregiudizi agli extracomunitari dalla prospettiva di chi li subisce.

I brasiliani sono “malandros”

La parola “furbo” in portoghese viene tradotta con il termine “malandro”. Nella mia lingua madre “malandro” è colui che raggiunge i suoi scoppi personali utilizzando una strategia che esige il minimo sforzo e la massima efficacia senza, però, una preoccupazione morale rispetto al processo.

pregiudiziDevo dire che, non poche volte, ho sentito dire da alcuni cittadini europei che “i brasiliani sono malandros” proprio perché spesso riescono a cavarsela ignorando però le regole.

Bene. Bisogna dire che, spesso, i pregiudizi rimangono vivi perché confermati dalla pratica. Tra i tanti brasiliani che ho trovato per caso in Europa potrei dire che tanti sono arrivati nel Vecchio Continente in modo sospettoso.

Poi, atterrati in Europa, alcuni dei miei compatrioti cercano di riprodurre il sistema che esiste in Brasile, dove le regole esistono sì, però sembra stupido chi le segue e i governanti non si sforzano affinché siano rispettate. Abituati a questa logica, alcuni brasiliani cercano di riprodurla dovunque, ma, quando non sono penalizzati dal governo straniero, diventano antipatici per i cittadini del posto che si comportano in modo civile, senza necessariamente aver bisogno di uno Stato che gli stia addosso.

La corruzione non à genetica

Molte volte ho anche sentito dire che il Brasile è un paese corrotto. Per via della loro ignoranza, alcuni europei sembrano quasi credere che la corruzione è nel DNA dei brasiliani. Bisognerebbe però, anzitutto, conoscere un po’ della storia del mio paese per trovare alcune possibili spiegazioni.

Bene. Dopo quattro mesi in Europa, mi rendo veramente conto che non è proprio così, che la corruzione non è una caratteristica esclusiva dei cittadini del detto Terzo Mondo. Disonestà, profitto altrui, mancanza d’educazione di base esistono anche qui nel Vecchio Continente. La grande differenza è che, in Svizzera, per esempio, lo Stato è più presente e, soprattutto, punisce con efficacia le violazioni delle regole, garantendo un ambiente di ordine e rispetto reciproco. Non poche volte qui, ho sentito parlare del rispetto come valore nazionale alla base di ogni relazione. Poi, specialmente nel rapporto con lo Stato, si può proprio “respirare” quest’atmosfera di mutuo rispetto. Essendo io straniero posso dire però che, nel contatto sociale con le persone, si sperimenta un rispetto che si manifesta di maniera diversa ed è molto misurato dagli interessi specifici.

Il bene viene promosso dagli incontri, non dai pregiudizi

pregiudiziLe mie riflessioni sui pregiudizi sono abbastanza ovvie. Però credo che debbano essere sempre riscritte, ripetute, per non rischiare di sottovalutarsi. Tutte le politiche nazionali devono avere un sguardo maturo verso gli stranieri, senza mai fomentare la divisione, ma coltivando il rispetto, l’educazione e l’inculturazione da entrambi le parti.

I mass media poi giocano anche un ruolo decisivo, perché hanno la capacità di fabbricare stereotipi pericolosi, che fanno aumentare i conflitti, le divisioni, le tensioni che nulla servono al bene comune.

Bisogna pensare, ascoltare, informarsi ed educarsi affinché non ci si lasci portare dai pregiudizi. La vera conoscenza dell’altro nasce della convivenza pacifica, fraterna, quotidiana.

eLe

Revisione Maria Teresa Cervi

Oltrepassare la dogana e altre barriere culturale

dogana

La prima esperienza che si fa da migrante è quella di passare la dogana. Questo primo ostacolo concreto per un straniero ha anche un valore simbolico importante: è un esercizio per sorpassare i  pregiudizi ed aprirsi ad una nuova realtà che lì è presentata.

Barriere esterne che riflettono una chiusura interiore

doganaPer motivi di studio ho dovuto alcune volte sperimentare la tensione del superare le barriere territoriali.

Credo che ci devono essere molte e varie le ragioni politiche per impedire la libera circolazione delle persone ma, secondo me, esse vengono riassunte in un unico sentimento condiviso in un Paese: la paura.

Aprire le porte agli altri ci costringe a accettare l’arrivo di un essere umano, uguale in dignità, ma che agisce in un modo diverso, ha altri valori e modi di fare le medesime cose. Penso che, da quando l’uomo è uomo, questa chiusura verso lo straniero (che certamente ha una relazione semantica con la parola strano) è sempre esistita.

La mia paura della dogana

doganaEssendo brasiliano, di fenotipo visibile, ho già sentito nella pelle le conseguenze concrete che la paura del “diverso” può promuovere in un popolo. Questo atteggiamento xenofobo, incomprensibile per un cittadino di un paese che onora gli stranieri (soprattutto quelli venuti dall’Europa), ha creato in me una specie di panico nei confronti della dogana.

Pur non avendo mai viaggiato senza rispettare le regole internazionali di soggiorno, tutte le volte che devo consegnare il mio passaporto alle guardie della frontiera, divento nervoso abbastanza da farmi girare la testa per la paura dell’estradizione.

Certamente questo non mi è mai capitato e, spero, non capiterà mai. In maniera generale, anche se non sempre sorridenti, le guardie sono sempre state abbastanza educate. Però è una paura psicologica più difficile da spiegare che da capire, credo io.

I have a dream

Io ho un sogno. Un pianeta dove ci si può circolare dappertutto senza dover avere visti, permessi. Un mondo dove la nostra razza o nazionalità non siano motivi di rifiuto. Sarà l’accoglienza dell’altro il grande valore comune in tutti i Paesi.

D’altra parte, credo che sentirmi respinto o accolto come immigrante dipende anche da un mio esercizio interiore di apertura. Tante volte, forse, è lo straniero che si vittimizza, senza l’esistenza di un vero attacco, però, c’è anche il fatto di che, qui in Europa, storicamente, la paura del diverso è molto più viva che dalle altre parti che ho potuto conoscere.

Un qualcosa su cui lavorarci tutti, ma che innanzitutto, ha bisogno di un’apertura ontologica.

eLe

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Revisione by Edoz

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