È interessante vedere come la formazione e l’ambiente sono medesimamente contributi decisivi nella gestione e risoluzione di conflitti.

Però, essendo immerso personalmente in una realtà specifica,come questa di Sophia, non è possibile osservare con distacco (nel senso scientifico moderno) ciò che esiste di chiaramente diverso con altri ambienti.

Impostate queste due premesse potrei dire che questo definito “impegno assunto di reciprocità forte”, osservabile nella vita a Sophia, spinge i suoi coinvolti ad un incontro più fraterno con il diverso. Permette una coscienza “a priori” di che l’altro, anche se tante volte mi ferisce perché diverso da me, in fondo mi vuole bene, è un fratello.

La Christianitas del medioevo è, come abbiamo studiato nel corso di economia, il primo tentativo sociale di vivere concretamente questo amore “agapico”, dopo l’evento di Cristo e l’inizio della chiesa primitiva. Però, come si è poi osservato, questo modo di vivere non è riuscito a mantenersi per molto tempo, perché ogni tentativo di “salvare una realtà” genera quasi spontaneamente la chiusura (philia) in un rapporto tra “uguali”.

Questo vuol dire che, allo stesso tempo che Sophia permette un atteggiamento iniziale già in sé aperto, “risolutivo” in un conflitto, ci si rischia di costruire una realtà omogenea, che impone (pretende) un certo tipo di atteggiamento, senza veramente un rispetto alla diversità.

Vivere qualsiasi realtà con “degli amici” attenua la dimensione di un conflitto, perché quando ci si vuole bene è più facile attuare in modo aperto e fraterno con l’altro.

Invece in altri ambiente le sfide sono altre. La più grande magari è superare la chiusura individualistica verso l’altro, al diverso, con la coscienza e il coraggio di identificare in esso (senza pretendere) un contributo decisivo per la crescita individuale e comunitaria.

Finché Sophia fa uso della formazione “all’unità”, dove quelli che la vivono cercano di mettere in pratica, per mezzo di un rispetto vero e aperto verso il diverso, nel mio parere essa sarà un vero laboratorio per le risoluzione di conflitti. Però, se diventa “philia”, rapporto tra “amici”, perde il suo significato innovatore.